Anatomia di un Amore: Quel che si Perde, quel che Resta

Una breve raccolta di cinque poesie, scritte in tempi diversi, per ragioni diverse, riunite ex post per dar loro un senso

Incipit

Di nuovo e poi ancora

Ho tracciato il tuo sorriso

Nel cielo neropece

Unendo stella a stella

Astro ad astro

Di nuovo e poi ancora

Ho tessuto il tuo viso

Su onde e sale

Intrecciando sguardo a sguardo

Battito a battito

Su pareti bianche

Impressa tu

Resti

 

 

 

Corpus

Camminando su strade lontane

Presto e tardi

Di passo in passo

Colgo nel vento la tua voce

Si specchiano nell’acqua i tuoi occhi

Nel cinguettio

Tra i rami

La tua risata

Risplende.

Riconosco nei canali le tue fossette

Nel marmo i tuoi denti

Nelle bandiere i tuoi capelli

Le tue mani su ogni ringhiera

Accarezzo

Questa città, ogni vicolo,

Questo albero, ogni foglia,

Questa stanza, ogni finestra,

È e resiste solo per te

 

 

 

Autopsia

Se potessi vivere di una voce

Vivrei della tua,

La cercherei nel vento, in porte chiuse,

In tempi muti e attese vuote

La troverei nel silenzio di ogni istante

Nel nulla di un ticchettio

Nello squillo di un telefono

Nella gioventù, nel suo mormorio

Non potrei non trovarla:

Anche se non ci fosse

Risuonerebbe in me,

Come tuono di campana

 

 

 

Ad Altri

I tuoi passi io pensavo

Quelli di un fantasma

Camminavi via lontano

Un sospiro tra le braccia

Aspettasti lungo tempo

Un segno tuo o mio

Ma è già passato il vento

Andiamo, dai, Addio

Valigie chiuse a stento

Vestiti stropicciati

Gli sporchi dentro a un cesto

Regali mai usati

Ogni bacio ha un suo giorno

Le carezze i loro istanti

I nostri son fuggiti

Vecchi, stanchi e latitanti

 

Andiamo, dai, Addio

Non piangere che è tardi

Amore fu già nostro

Adesso tocca ad altri

 

 

 

Ne pereat mundus

Amore vollero i Marinai, vero e inalterato,

Sogno e mondo nuovo, sperato e mai trovato,

Cercano senza sonno, si arrendono al destino,

L’Ostia attesa e mesta, la ingannano nel vino

 

Dorme madido sul ponte, sogna il timoniere

Si sveglia come morto, una sera tra le sere,

Rivolto all’orizzonte, avvista il suo traguardo

Tutti salgono ubriachi, il sorriso nello sguardo

 

Distinguono contorni, scogli e promontori,

Vecchi spigoli di casa, vestigia degli albori:

Il mondo nuovo è mancato, resta solo quello perso,

Finito, piccolo e morente, scordato e buio pesto

 

Amore non esiste, senza il dolore di pensarlo

Amore non resiste, senza la l’Uomo a immaginarlo

È prassi e teoria, condotta e sacra legge

Forma, sostanza e sinolo, timone senza schegge

 

E cercarlo all’orizzonte vuol dire rinnegare

Che uomini fummo fatti, plasmati per amare

Non questo o quello, il singolo e il preferito,

Ma il tutto che è creatura, vivo Eden rifiorito

 

Ammaina le vele, stanco l’equipaggio

Tira in secco i remi, rinuncia al suo miraggio,

Creare un mondo nuovo su questo spigolo relitto

Una vera Terra Libera dal dolore che lo ha afflitto

 

di Tancredi Bendicenti