La Storia ci insegna che le sue pagine sono state solcate ed attraversate da innumerevoli personaggi, le cui azioni e ambizioni titaniche hanno sconvolto l’intero assetto mondiale più e più volte. Tra i protagonisti più illustri che i secoli passati hanno conosciuto, non si può non citare Napoleone Bonaparte.
L’incidenza del generale corso è di ineguagliabile portata e non ha mai smesso di affascinare, nel bene e nel male, sia i i suoi ammiratori che i suoi detrattori. Naturalmente, assieme ad una sconfinata bibliografia che si è occupata di esplorare, approfondire, denigrare, celebrare e ricordare le gesta di Napoleone, anche il mezzo cinematografico si è impegnato a fornire una propria interpretazione di uno degli uomini più influenti dell’intera storia mondiale, sfidando sia il mondo accademico, e dunque l’intera caterva di storici puritani che non guardano di buon occhio ovvie libertà creative che permettono invece la costruzione di una struttura narrativa snella e compatta, che lo spettatore medio, ormai avvezzo a grandi produzioni filmiche che per tre quarti di tempo sono costituite soltanto da combattimenti all’ultimo sangue di dimensioni epiche, e che risultano perciò essere prive di un contenuto e di personaggi memorabili.
Il cinema, con successo, si era in precedenza occupato di trattare delle imprese dell’imperatore francese in opere cult quali Waterloo (1970) e Napoléon (2002), con due magistrali Rod Steiger e Christian Clavier nei panni del protagonista, non curandosi delle critiche relative alle inesattezze storiche e alla raffigurazione di vari personaggi, contando invece sul successo popolare (dunque del pubblico in sé e per sé, non ancora stravolto da blockbuster d’azione l’uno uguale all’altro) e sulla possibilità (poi avvenuta) che le interpretazioni degli attori principali si radicassero nell’immaginario collettivo.
La lotta tra fedele rappresentazione storica e narrazione cinematografica a proposito della figura di Napoleone (e non solo) esiste dunque già da tempo immemore, da prima ancora che il Napoleone di Ridley Scott deliziasse (e sconvolgesse) il pubblico internazionale con la sua uscita.
Nonostante alcuni tra i più autorevoli critici cinematografici abbiano apprezzato in pieno l’opera del regista britannico (da segnalare l’articolo di Peter Bradshow del The Guardian) ed il successo sorprendente che sta riscuotendo al botteghino, Napoleon è stato accusato di fornire una rappresentazione sbagliata, non veritiera, caricaturale, rozza (e molto altro ancora) del suo protagonista. Molti storici importanti si sono schierati contro Scott e la sua mega produzione, definendo il film un’opera fortemente anti-francese e filo-britannica.
Ci si chiede: tutto ciò è vero?
È evidente che Napoleon non sia un film storico e risultano alquanto inutili le accuse rivolte al regista di non essere stato attento e rispettoso nei confronti della rappresentazione della vita dell’imperatore poiché anche Il Gladiatore, considerato tra i capolavori di Scott oltre che uno dei migliori film della cinematografia contemporanea, è un enorme falso storico eppure ha avuto successo e non cessa di essere osannato e ritrasmesso a più riprese nel mercato televisivo e streaming on-demand. I critici hanno forse dimenticato che il cinema è Arte, e che l’Arte fornisce libera interpretazione dei suoi soggetti?
Partendo dalla struttura del film, sin dal principio Ridley Scott mette in chiaro che il suo Napoleon vuole mettere in evidenza l’importanza storica del suo protagonista e quanto costui abbia ricoperto un ruolo cardine nell’epoca in cui è vissuto senza però voler mostrare la realtà dei fatti, decidendo piuttosto di affidarsi alla rievocazione di determinati momenti chiave della storia francese (senza mai scendere in troppi dettagli) che Napoleone ha realmente sfruttato a proprio vantaggio per divenire la persona più potente del futuro impero. Fondamentale è dunque la simbologia adoperata da Scott. Nella prima sequenza del lungometraggio, ad esempio, Maria Antonietta viene ghigliottinata mentre Napoleone osserva attentamente l’intera esecuzione; sappiamo per certo che il generale non fosse presente quel giorno eppure Scott con questa magnifica e potente apertura vuole dirci che nel sangue e nella morte è iniziata l’ascesa napoleonica, e nel sangue e nella morte avrà termine (come Waterloo e l’esilio a Sant’Elena dimostreranno). Degne di nota (e forse punto più elevato di questa produzione cinematografica) sono anche le sequenze che ricostruiscono in maniera sorprendentemente fedele i quadri storici in cui sono stati raffigurati l’incoronazione di Napoleone, l’attraversamento dei territori russi e la visione della Sfinge, come anche risulta molto utile l’inserimento di date e didascalie volte a conferire un piccolo, ma pur presente, dettaglio (realmente) storico, utile a dare un’informazione in più allo spettatore. Cosa può esserci di male in questo se non l’intento dichiarato di voler sfruttare elementi appartenenti alla conoscenza popolare per stabilire una connessione tra il Napoleone cinematografico e il pubblico in sala?
Inoltre, una scelta registica che dimostra una forte volontà di equilibrare una storia complessa, è quella di illustrare in modo molto intimo e umano, il rapporto tra Josephine e Napoleone, mettendo in luce il fascino che la donna (interpretata da Vanessa Kirby in modo straordinario e monumentale) ha sin da principio esercitato sull’imperatore e quanto Bonaparte le sia rimasto sempre legato, anche al momento del divorzio. La scelta di esplorare la vita privata dei due coniugi, mostra dunque un lato umano che precedentemente non era mai stato messo in luce e che anzi rende i due protagonisti ancor più interessanti. Se a tutto ciò si aggiunge la regia sempre ispirata di Ridley Scott, la chimica tra Joaquin Phoenix e la Kirby, la maestosa ricostruzione di costumi e scenografie e ultima, ma non per importanza, la ricostruzione (anche fantasiosa) di alcune delle battaglie più importanti dell’imperatore, la considerazione che si può fare è la seguente ossia, che Napoleon risulta essere un blockbuster avente un’ambientazione storica (e non per questo necessariamente veritiera), dotato di un’aura epica (e antiepica allo stesso tempo data la grande umanità del personaggio principale) che non potrà non coinvolgere lo spettatore.
Lasciatevi guidare dal genio, dall’arguzia e dai sentimenti umani di uno dei più grandi condottieri mai esistiti, che tra grandi aspirazioni, intrighi politici, combattimenti all’ultimo sangue e momenti di grande sconfitta, ha scritto pagine e pagine dei manuali di Storia, dando modo a Sir Ridley Scott di presentarcelo sotto un’ottica originale e fuor di dubbio capace di generare curiosità e interesse. Quello che ci viene offerto è dunque il tributo di un uomo britannico che con grande rispetto, rende omaggio allo storico nemico francese, non attraverso la realizzazione di un film storico o di un documentario, ma di un lungometraggio ben eseguito e ben scritto che offre uno spaccato, soprattutto simbolico, di un’epoca cruciale in cui eroi ed eserciti (e Napoleone!) si sono scontrati fino alla vittoria più totale o alla morte più devastante.
Il mito di Napoleone regna sovrano lungo tutte le due ore e trentotto del lungometraggio di Scott lasciando senza fiato e stupendo costantemente.
Davide Amenta