È (pessima) abitudine della Storia accelerare di scatto, precipitarsi dalla quiete al caos, perdere la fragile parvenza di ordine, e quindi di prevedibilità, di cui si veste. Perché le grandi trasformazioni si dispiegano nella lunghezza del tempo, intrecciandosi in nodi solo apparentemente inestricabili: basta tirare quei due o tre fili giusti per scioglierli, rivelarli nella loro Ragione, nel loro senso. Ma la soluzione dell’enigma, si sa, ci sfugge, si allontana in un orizzonte di nebbia, diviene riconoscibile solo quando si è già fatto concreta. Ci è dato comprendere la Storia solo quando si fa effettiva.
Le elezioni europee di giugno rientrano in questa categoria di eventi eccezionali, dall’esito e dalle conseguenze imprevedibili: momenti nevralgici, rispetto ai quali esistono un a quo ed un ad quem. Federazione, confederazione, da soli, insieme: per decidere le sorti del nostro continente sarà prima di tutto necessario trovare una risposta alla questione ontologica, l’interrogativo esistenziale per archetipo: cos’è l’Unione Europea?
Perché finché non sapremo definire la nostra identità, riconoscerci in un modello istituzionale condiviso, non potremo superare le crisi che stiamo attraversando, dunque coglierne le opportunità, ma solo esserne inghiottiti.
Perché in un mondo che tende sempre più alla proliferazione esponenziale dei conflitti, ed alla crescita inarrestabile delle diseguaglianze interne ed esterne, vince chi ha chiari i propri obiettivi e chiari i mezzi con cui raggiungerli.
Perché l’Europa diventa ogni giorno più piccola, meno capace di interagire alla pari con i nuovi protagonisti dell’ordine globale: non c’è morte peggiore di un lento dissolversi, di un cadere lievemente e lievemente cadere fino alla totale irrilevanza, economica, strategica e politica.
“Se una casa è divisa in sé stessa, quella casa non può reggersi”, e la nostra casa è tanto bella quanto fragile, il sogno di una cosa, l’orizzonte di una speranza di giustizia, per tutti. Perciò quando arriveranno i dies irae, e sarete chiamati alle urne, riflettere sul mondo che è, sul mondo che volete. Perché ogni scheda elettorale sarà un tassello di quell’immenso mosaico che è il futuro. Quale sia il risultato finale, non ci è dato saperlo, solo, nel nostro piccolo, costruirlo.
Spendetevi dunque, abbiate cura, qualunque sia la vostra idea morale, il vostro sistema valoriale, il vostro orientamento politico. Esprimete il vostro voto, che è la misura più alta della vostra libertà.