Questo sembra il titolo della nostra epoca, la preghiera che, a modo suo, ognuno di noi rivolge all’altro, alla famiglia e alla società. Nei nostri cuori brucia ardentemente una ferita narcisistica. Le sue grida dicono: “Guardami!”
Solo quando la supplica è abbastanza addolorata, l’abisso dell’anonimato trova la luce abbagliante della visibilità. Così l’idolo diventa chiunque si trovi anche solo per 15 secondi sotto i riflettori, i quali permettono al pubblico di riflettersi nella solitudine dell’altro senza riflettere sulla propria.
Ciò che l’idolo non vede è che la sua preghiera viene placata da un farmaco che anestetizza, ma non cura, la sua ferita. Per guarire dovrebbe stare in contatto con quel dolore; ma preferisce inseguire lo stesso desiderio dei suoi seguaci: intrattenersi.
Trattenersi da cosa? E soprattutto, in cosa si è trattenuti? Qual è lo spazio che l’idolo si ritaglia per essere nominato?
Sottobanco torna l’inganno delle ombre, che illude l’idolo di aver conquistato il suo posto nel cielo, diventando una stella, quando in realtà a guidare i riflettori è sempre il capitalista, che assume un nuovo funzionario: l’influencer.
La sua funzione è contagiare, grazie alla sua influenza, il maggior numero possibile di utenti per condurli ad utilizzare il prodotto in vetrina, qualunque esso sia e di qualunque natura.
Il senza nome, per essere visto, vuole essere conosciuto, dunque si pro-pone come pro-dotto. Paradossalmente, l’era della connessione ha reso l’essere umano più solo che mai.
Solo una filosofia del dialogo può ridargli la libertà di esistere. Solo accogliendo l’altro, senza giudizi o pretese, possiamo rispettare il segreto che lui è, e accompagnarlo nel segreto che noi siamo. Entrambi consapevoli che la distanza che ci separa è tanto incommensurabile, quanto l’amore che ci avvicina è sacro.
Per esistere dobbiamo nominare l’altro, chiedendo semplicemente di non essere catturati ed intrappolati nella sua coscienza, ma di essere compagni nei prossimi istanti scattati. O magari anche avversari, ma mai oggetti a portata di mano.
L’esistenza si dispiega nella consapevolezza del mio segreto, nell’espressione pudica del mio vissuto e nell’ascolto rispettoso dell’anima altrui. Questa è l’empatia e la simpatia che può liberarci dall’ipersaturazione della condivisione sfrontata, che predica la totale indifferenza.