Il Giudice Robot: Perché si Può Fare, Perché non Andrebbe Fatto

Per mettere fine all’infruttuosa spirale di astratti timori che un’evoluzione come quella attuale può naturalmente generare, è necessario che la comunità scientifica abbia piena coscienza e fiducia nei suoi principi e fondamenti. La matematica, la fisica, persino la biologia e la medicina hanno ceduto alla pressione della tecnica, ammettendo finalmente che l’apprendimento esecutivo algoritmico, l’automazione della comprensione ed elaborazione del linguaggio naturale, così come tutte le nuove tecniche computazionali, siano idonee ad ampliare i confini delle rispettive materie senza detrimento al contributo umano alla conoscenza: proiettandola, beneficamente, verso nuovi orizzonti.

La scienza giuridica, al contrario, si sta dimostrando restia ad affrontare la questione con un atteggiamento costruttivo. In tutta onestà, la cosa non stupisce. Dopotutto, già Immanuel Kant, in prefazione alla prima edizione della “Critica della ragion pura”, chiosa con un’aspra critica dell’habitus metodologico quasi sacrale dei giuristi del suo tempo:

“[…] Si sentono assai spesso lamenti sulla superficialità di pensiero del nostro tempo e sulla decadenza della scienza solida. Ma io vedo che le scienze le cui basi sono ben fondate, come la matematica, la fisica, ecc., non meritano punto simile rimprovero […] Il tempo nostro è proprio il tempo della critica, cui tutto deve sottostare. Vi si vogliono comunemente sottrarre la religione per la santità sua, e la legislazione per la sua maestà: ma così esse lasciano adito a giusti sospetti, e non possono pretendere quella non simulata stima, che la ragione concede solo a ciò che ha saputo resistere al suo libero e pubblico esame”[1]

Questo è ciò che accade anche oggi quando, domandando al giurista medio la sua opinione sui nuovi strumenti dell’intelligenza artificiale e sulle loro prospettive applicative nel mondo del diritto, egli risponde con la categorica negazione della loro rilevanza, o peggio perdendosi in speculazioni di principio sull’impossibilità di utilizzarli – affermando soddisfatto, per esempio, l’impossibilità dell’algoritmo di sostituire il giudice.

Gli economisti non si sono fermati a dibattere su come e se l’IA possa mai sostituire il direttore di banca. Invece di indugiare su preoccupazioni speculative, hanno investito in soluzioni concrete, come modelli predittivi avanzati per l’analisi del rischio finanziario, algoritmi per l’ottimizzazione degli investimenti e software di consulenza automatizzata.[2] In questo modo, non solo si sono adattati al cambiamento, ma hanno ampliato le loro competenze, utilizzando l’IA come uno strumento per potenziare le loro capacità piuttosto che guardandolo come un pericolo da evitare.[3]

In Italia, la discussione giuridica media sul tema non solo si arresta alla soglia della giustizia predittiva, ma non ne indaga nemmeno la fattibilità, adducendo argomentazioni fallaci sia sul piano tecnico che ideologico.

Negli ambienti in cui si sono esplorate le implicazioni del fenomeno dell’AI, si è giunti ad una conclusione chiara: è impossibile chiedere alla macchina più di quanto si possa chiedere all’uomo.[4] La macchina potrà sempre e solo batterci sul piano della velocità e dell’efficienza. Perciò il giudice robot, se pure dovesse esistere, non potrebbe mai essere un congegno onnisciente capace di sentenziare autonomamente senza un elemento dibattimentale o ricognitivo, perché questa possibilità non è data neanche all’uomo, sia materialmente (dato che sarebbe impossibile al giudice esercitare le sue funzioni senza l’attività istruttoria del pubblico ministero e l’attività argomentativa delle parti), sia assiologicamente (dati i principi processuali a presidio dei diritti umani che dispongono la partecipazione di diversi soggetti nel processo).

Ogni algoritmo, come una ricetta, ha come presupposto degli “ingredienti” (dati) di input, che vengono poi manipolati per ottenerne di nuovi, in output. Il vero giudice robot, assumendo la perdurante volontà di rispettare le norme dell’ordinamento, dovrebbe essere capace di ottenere le prove e le argomentazioni delle parti come input, individuare la normativa di riferimento e verificare la sussistenza della pretesa attraverso un processo di sussunzione al risultato dell’interpretazione della norma. Passaggi complessi, che la scienza giudica ha speso anni ad elaborare e strutturare per creare un ordine e garantire uno strumento idoneo a conservare la civiltà, un metodo che sia verificabile, condivisibile, insegnabile e sperimentabile.

Un giudice robot, per quanto complesso, potrebbe essere verosimilmente realizzato tramite tecniche di machine learning, a condizione che vengano fornite ricostruzioni complete dei processi giudiziari passati, conservando e ordinando con cura gli atti in formato informatico con particolare attenzione alla loro motivazione. L’addestramento di un modello su un insieme ampio e diversificato di casi consentirebbe di estrapolare le dinamiche decisionali tipiche del giudice umano, incluse le applicazioni letterali e le sfumature interpretative.[5] La disponibilità di dati completi e accurati è cruciale per garantire che il modello apprenda tutte le variabili che influenzano il processo decisionale: la correttezza e l’esaustività della motivazione e del dispositivo delle sentenze diventerebbero così il fulcro della qualità delle connessioni. Ogni aspetto del procedimento, dalle argomentazioni delle parti alle decisioni intermedie fino alla sentenza finale, dovrebbe essere rappresentato informaticamente in modo dettagliato e strutturato, consentendo al modello di comprendere come e perché determinate decisioni vengono prese in base alle circostanze specifiche del caso. In questo modo, un giudice robot non si limiterebbe a ripetere decisioni passate, ma potrebbe adattarsi alle specificità di ogni nuovo caso, astraendo i ragionamenti dei casi passati e riducendo la variabilità decisionale non giustificata, senza compromettere la qualità del giudizio e il rispetto dei diritti delle parti coinvolte.

Tuttavia, immaginare un tale sistema sorretto unicamente da meccanismi automatici richiede sforzi ingegneristici antieconomici, che esulano da questo discorso e sono incompatibili con la volontà di trarre da questi strumenti elementi di utilità. Portare nell’attualità questo ragionamento significa immaginare un modello capace di redigere la motivazione e il dispositivo di una sentenza sulla base dei dati fattuali (prove, atti, argomentazioni…) immessi dall’utente (magari un giudice umano in veste di garante della loro genuinità) e dei dati normativi forniti dall’ordinamento tramite banche dati legislative. Ciò che ne deriverebbe è una sentenza frutto dell’elaborazione razionale di una complessa stratificazione di esperienze, alla quale sarebbe difficile negare la possibilità di un minimo di capacità persuasiva, come si trattasse, per esempio, del più bravo dei tirocinanti.

L’efficacia concreta di uno strumento del genere è poi una scelta da devolvere alla politica e alla sensibilità del popolo, distinta dall’argomentazione scientifica di fattibilità, che deve essere esplorata per superare i limiti degli attuali istituti – come è dato fare a ogni scienza che si rispetti.

Da ultimo, non è possibile ignorare che la lungimiranza del nostro costituente ha imposto, per la specifica figura del giudice, un elemento qualificante ulteriore rispetto alla precostituzione per garantirne l’indipendenza e l’imparzialità, che è quello della naturalità. La stessa Corte Costituzionale fatica a ricondurre a un valore autonomo questa locuzione; ma essa potrebbe assumere un nuovo significato alla luce della necessità di analizzare l’artificialità della decisione algoritmica, escludendone l’autonoma efficacia per mera scelta politica, di rango costituzionale. Se si crede nei valori costituzionali e nell’importanza del rispetto della Carta nella sua formulazione letterale, non si devono dunque avere dubbi che il giudice, per essere naturale, non può che essere un essere umano, e tanto basta a chiudere la questione, senza dover scomodare l’irrazionalità o la creatività dell’azione giudiziaria.

A questo punto, a cuor leggero, è possibile proseguire ad esplorare le altre opportunità, consapevoli che c’è il potenziale per trasformare profondamente il modo in cui il sistema giuridico opera, sia nella gestione dei processi interni sia nella relazione con il cittadino.

L’organizzazione giudiziaria potrebbe trarre grande vantaggio dall’utilizzo di tecniche di Natural Language Processing (NLP) per l’analisi automatizzata dei documenti legali. Questi sistemi potrebbero essere impiegati per estrarre informazioni rilevanti da atti giudiziari, velocizzando le attività di ricerca e riducendo il tempo necessario per la preparazione dei fascicoli, con una possibilità minima di errore data l’elevata formalità di questi atti, sollevando il giudice e gli ausiliari dalla gestione “delle carte” e riportandoli al loro ruolo di attori sociali.[6]

Per quanto poi la “predizione” trovi poco spazio nella naturale posteriorità dell’attività giurisdizionale, ci sono punti dell’ordinamento che danno rilevanza alla “prevenzione“. Dunque non dovrebbe stupire l’approfondimento delle tecniche di prevenzione del crimine attraverso l’uso di modelli di machine learning per l’analisi predittiva del rischio. Sistemi di apprendimento supervisionato (come quelli per il meteo) potrebbero essere utilizzati per identificare aree o situazioni (eventi, manifestazioni, periodi…) ad alto rischio, supportando così le forze dell’ordine nell’allocazione delle risorse e nella pianificazione di interventi preventivi mirati, il discorso assume concretezza se si pensa che talvolta il nostro legislatore si riserva anche di positivizzare i criteri di rischio da tenere in considerazione, dando dei chiari elementi di partenza.[7]

Anche il controllo contabile e tributario potrebbe beneficiare dell’integrazione di sistemi di computazionali complessi. Ad esempio, l’impiego di algoritmi di anomaly detection basati su tecniche di clustering non supervisionato potrebbero permettere di identificare automaticamente irregolarità e anomalie nei dati fiscali, facilitando il lavoro dell’Agenzia delle Entrate e migliorando l’efficacia dei controlli. Questo consentirebbe di individuare potenziali frodi o evasioni fiscali con maggiore precisione e tempestività, riducendo al contempo la necessità di verifiche manuali estese, senza (ovviamente) escluderle. Questo processo è ulteriormente agevolato dagli elementi matematici delle materie, e non a caso in questo settore è attualmente più fervida l’attività del governo e del legislatore, in direzioni incoraggianti.[8]

Nell’ambito penitenziario, algoritmi di ottimizzazione potrebbero supportare le decisioni relative all’assegnazione dei detenuti alle diverse strutture, basandosi su criteri come la disponibilità di spazio, la sicurezza e le esigenze di riabilitazione, in maniera non diversa dalle più raffinate strutture ricettive alla ricerca della perfetta formula di economicità.

Infine potrebbe giovarne la trasparenza e la comunicazione con il cittadino, impiegando facilmente modelli generativi di linguaggio di grandi dimensioni (i famosi “LLMs” del tipo di GPT) per rispondere a domande specifiche sui procedimenti legali, aiutando i cittadini a comprendere meglio i loro diritti e le procedure da seguire, adattandosi al loro livello di conoscenza e apprendimento, riducendo la percezione di complessità e distanza che spesso caratterizza il rapporto tra il pubblico e le istituzioni.

Cosa aspettiamo, dunque?

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  1. Immanuel Kant, prefazione alla prima edizione della “Critica della ragion pura”
  2. La multinazionale statunitense di servizi finanziari JP Morgan ha recentemente dichiarato di aver fornito ai propri dipendenti una suite di strumenti basati su LLM https://www.forbes.com/sites/janakirammsv/2024/07/30/jpmorgan-chase-leads-ai-revolution-in-finance-with-launch-of-llm-suite/
  3. Lo dimostrano le importanti valutazioni azionarie di società di hardware specializzate come Nvidia, che al momento della scrittura conta una capitalizzazione di 3,47 miliardi di dollari, in crescita del 2.939,63% su base quinquennale.
  4. Esemplare lo studio condotto da ProPublica sul funzionamento dell’algoritmo COMPAS, utilizzato negli uffici giudiziari americani per le valutazioni sulla recidiva, risultato affetto da gravi bias nei confronti delle persone di colore https://www.propublica.org/article/how-we-analyzed-the-compas-recidivism-algorithm
  5. Trattenendosi dal pretendere una vera e propria funzione nomofilattica, che è sottratta di regola anche al singolo giudice umano.
  6. Un importante avanzamento in questo capo è avvenuto nel 2013 sulla spinta di una più ampia ristrutturazione del diritto di alcuni paesi africani, con soluzioni condivise al livello internazionale https://magazine.unibo.it/archivio/2015/akoma-ntoso-uno-standard-tecnologico-per-il-formato-digitale-dei-documenti-giuridici
  7. Particolari progressi a livello europeo in questo senso sono stati compiuti dalla Francia in occasione delle Olimpiadi 2024 https://www.washingtonpost.com/world/2023/12/18/ai-france-olympics-security/
  8. Recenti interventi del governo italiano prevedono l’implementazione di un sistema denominato VeRA https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/privacy/app-vera-dellagenzia-dellentrate-ecco-i-nodi-della-privacy/