Note sintetiche a proposito una recente istanza di riforma
È frutto di una comune intuizione ritenere che, nell’ottica della garanzia di effettività del sistema di tutela del diritto alla salute, la persona anziana necessiti di un approccio differenziato rispetto alla generalità dei soggetti.
Tale approccio differenziato,[1] reso necessario dalla natura delle cose, tuttavia, non può prescindere dal presidio che del diritto alla salute, quale diritto fondamentale dell’individuo, fornisce il testo costituzionale all’art. 32 così come delle indicazioni di carattere generalissimo che articolano l’universalità di accesso alle cure delineate dalla L. n. 833/1978.[2]
La tutela dell’anziano, pertanto, nel quadro costituzionale e legislativo così risultante non può essere che concepita entra la prospettiva personalista: come sottolineato dal Card. Martini “l’anziano, anche quello non autosufficiente, è persona”. In quanto tale la condizione dell’anziano, prosegue il Martini, “interpella profondamente ogni altro uomo nella sua libertà” sicché nella tutela dei suoi diritti fondamentali sia ricompreso il diritto alle cure, “nella consapevolezza che egli, se è spesso è inguaribile, non è per questo incurabile”.[3]
Tuttavia, di fronte a quello che parrebbe essere un necessario corollario di un principio fondamentale del nostro ordinamento non sono mancati dei tentativi di realizzare, sotto le mentite spoglie di un intervento “specializzato”, una distrazione della tutela universale del diritto alla salute per confinarlo nel più ampio ma tuttavia tenue contesto dell’assistenza sociale.[4]
Tali tentativi paiono alimentati dal precipitato culturale della tradizione liberale-individualistica del diritto la quale, nell’elevare a criterio fondamentale di legislazione la tutela del soggetto astratto nella dimensione della tutela della sua volontà apprezzabile sul piano giuridico, sottace quei fondamentali bisogni di tutela che i destinatari delle norme, a fronte delle articolazioni concrete della loro esistenza, manifestano.[5]
Tra le ipotesi di destrutturazione del sistema della tutela dell’anziano malato cronico non autosufficiente si colloca il D.P.C.M dell’8 agosto 1985 (cd. Decreto Craxi) il quale auspicava un transito degli anziani dal sistema universale di cui alla legge 833 a percorsi di cura legati all’organizzazione dei servizi socioassistenziali con oneri a carico del paziente[6] e, delle famiglie dello stesso.
Analogamente all’iniziativa dell’esecutivo a conduzione socialista si inquadra la recente legge delega n. 33/2023, contenente Deleghe al governo in materia di politiche in favore delle persone anziane”, la quale si prefigge di realizzare il “transito” dal sistema di tutela di cui all’art. 32 Cost. a quello di cui all’art. 38 Cost., in materia di assistenza sociale.[7] Ne deriva pertanto, se ci mantenessimo su un piano schematico, che dal punto di vista dell’assistenza continuativa l’anziano non sarà più tutelato dai cd. LEA, inquadrati nel sistema dell’art. 32, bensì da generici LEP, da individuarsi successivamente in basi ai pricnipi generali individuati dalla legge quadro n. 328/2015.[8]
Nell’economia del breve contributo risulta impossibile addentrarsi nella trattazione di dettaglio relativa alle problematiche di attuazione della legge delega e del primo intervento attuativo; tuttavia, emergono a prima vista alcune criticità apprezzabili dal punto di vista costituzionale che meritano di essere identificate e analizzate.
Come evidenziato da un commento “a caldo” riguardo la delega legislativa in questione la sottrazione della non autosufficienza, dai LEA ai LEP e quindi dal sistema dell’art. 32 Cost. a quello dell’art. 38 Cost. è ispirato ad un’assunzione metodologica fondamentale ovverosia ritenere prevalente, per quanto attiene alla non autosufficienza l’assistenza sociale piuttosto che la sanità.[9] La considerazione dell’invecchiamento come un problema sociale determina la sottoposizione arbitraria delle policies all’indirizzo politico del momento.
Inoltre, il quadro parrebbe complicarsi dinanzi alle possibili attuazioni della cd. autonomia differenziata, nella misura in cui il conseguente divario, segnatamente in termini di consistenza di fondi, tra le Regioni, non possa che accentuare le differenze esistenti tra anziani e specialmente le loro famiglie.[10] Infatti, siccome il sistema dell’assistenza sociale assume quale fondamentale riparto di spesa, l’allocazione di quest’ultima in capo ai caregivers, il problema della non autosufficienza interpellerà anche categorie terze di soggetti, i quali, a contatto con la persona non autosufficiente, dovranno fronteggiarne le spese.[11]
Infatti, la legge presenta diversi punti deboli. In primo luogo, l’istituzione di un Comitato interministeriale in favore per le politiche in favore della persona anziana (CIPA), il quale, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri ovvero, su sua delega, dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali (!), dovrebbe curare l’attuazione degli obiettivi della delega e dei successivi decreti attuativi così come del Piano nazionale per l’invecchiamento attivo. La decisione è oscura: dove si può dunque trarre la necessità di istituire un comitato separato per l’attuazione del diritto alla salute in presenza di un sistema già esistente se non nell’ottica di confinare ulteriormente questa materia, per quanto consentito dai limiti evidenti della Costituzione, nell’assistenza sociale? Notevole è infatti il ruolo degli Enti del Terzo settore e dei caregivers i quali per vero paiono i reali destinatari di tali politiche, nel disegno della legge delega.
Nel disegno della Legge delega n. 33 tuttavia il piano dei LEA non verrebbe del tutto abbandonato. Questi rimarrebbero operativi esclusivamente con riferimento alle prestazioni strettamente cliniche.[12] Obiettivo è quello di pervenire, come già sottolineato in riferimento all’opinione espressa in senso contrario da autorevole dottrina, ad una definizione della persona anziana sulla base delle sue fragilità[13] così come dell’istituzione di un Sistema Nazionale per la Popolazione Anziana non autosufficiente (SNAA) il quale è individuato dallo stesso legislatore come “modello organizzativo per il governo unitario” per la programmazione integrata e il monitoraggio delle misure inerenti all’attuazione del sistema dell’attuazione delle persone non autosufficienti così come dell’’obiettivo di “graduare” misure di intervento pubblico sulla base del principio di appropriatezza e intensità in materia di assistenza domiciliare.[14]
La riforma si prefiggeva inoltre una arguta riforma del sistema dell’assegno di accompagnamento, orientato ai medesimi canoni di intensità e proporzionalità, la quale, come si vedrà in seguito, non è stata ancora formalizzata in un autonomo disegno legislativo: infatti la definizione delle misure attuative della legge delega viene demandata ad un successivo decreto legislativo, il quale, rebus hic stantibus, non è ancora pervenuto.[15]
Come evidenziato da taluni, l’attuale disciplina dell’indennità di accompagnamento, la quale si fonda su un sistema di liquidazione forfettario dell’ammontare non sia ispirato ad un criterio progressivo e perciò incoerente sul piano costituzionale, necessiterebbe di un integrale revisione nell’ottica di una “personalizzazione” della misura stessa.[16]
Tuttavia, l’attuazione di queste misure soffre della circostanza per la quale non siano stati stanziati stanziato nella Legge di Bilancio per il 2024 adeguati fondi[17] così come del complicato quadro normativo di raccordo con le amministrazioni territoriali.[18]
Il primo decreto attuativo emerge nel 2024 (D. Lgs. 29/2024), a pochi mesi di distanza dalla scadenza ordinaria della delega, fissata il 31 gennaio del 2024, il quale ha previsto alcuni meccanismi quali uno sportello unico per gli anziani non autosufficienti così come la possibilità adi accedere ad un assegno di accompagnamento maggiorato in ragione delle particolari caratteristiche della condizione del soggetto anziano e del caregiver, accogliendo, parrebbe sia pure in prospettiva non definitiva, le sollecitazioni alla considerazione di tale categoria.[19] Il decreto prevede inoltre un sistema di attuazione dei LEP di cui all’art. 23 a carico delle singole ATS di riferimento, promuovendo altresì le reti di comunità nella gestione dell’assistenza continuativa.[20]
Francesco Fonte
[1] Entro una prospettiva generale V. Oddone, F. Fabris, La normalità incerta, in L’anziano attivo: proposte e riflessioni per la terza e la quarta età, Torino, 1991, pp. 177-179. Evidenza tale circostanza N. Bobbio, I valori e i diritti umani degli anziani cronici non autosufficienti, in Eutanasia da Abbandono, Milano, 1988, pp. 47 ss. Differente, sia pur alimentata dalla medesima istanza di tutela la prospettiva di P. Perlingieri, Diritti della persona anziana, diritto civile e stato sociale, in Rassegna di Diritto civile, Napoli, 1990, p. 85, il quale sottolinea come un approccio differenziato alla tutela della salute degli anziani in una disciplina ad hoc così come della individuazione di una categoria del tutto separata di “anziano” possa rivelarsi fonte di “nuova emarginazione”.
[2] Legge 23 dicembre 1978, n. 833, artt. 1 ss.
[3] C. M. Martini, Anziani cronici non autosufficienti, nuovi orientamenti culturali e operativi, in Eutanasia da Abbandono, Milano, 1988, pp. 35 ss. come richiamato da F. Santanera, 1988. Il Filosofo Norberto Bobbio e il Cardinale Carlo Maria Martini Sostengono l’azione del CSA diretta contro l’eutanasia da abbandono degli anziani malati cronici e delle persone con demenza senile, in Prospettive Assistenziali, Torino, 2017, pp. 28-29.
[4] Il contesto che si rischia di rievocare è quello precedente alla legge 833/78, governato principalmente da un solido, sia pur differenziato, sistema di assicurazioni di categoria.
[5] L. Mengoni, La tutela giuridica dell’anziano, in L’anziano attivo: proposte e riflessioni per la terza e la quarta età, Torino, 1991, pp. 119-123. In un senso analogo P. Rescigno, Le Garanzie da perseguire in favore del malato cronico non autosufficiente, in Eutanasia da Abbandono, Milano, 1988, pp. 177-185.
[6] Ne derivava pertanto, ad avviso del Rescigno in P. Rescigno, Le Garanzie da perseguire, cit., pp. 179 ss. l’illegittimità costituzionale della misura adottata dal governo
[7] Tra i primi commenti alla legge delega G. M. Flick, LA tutela costituzionale del malato non autosufficiente: le garanzie sanitarie dei LEA, il pericolo dei LEP, in Rivista AIC, Roma, 2023, pp. 244 ss.
[8] Ivi, p. 245. Il Flick prosegue sottolineando che i malati non verrebbero dunque considerati nella loro individualità bensì come un problema sociale, interamente sottoposto alle logiche del bilancio. L’Autore conclude altresì nel senso della possibilità, alla luce di un quadro legislativo così delineato, di censura di illegittimità costituzionale (p. 244). Del resto, muovendo un argomento non dissimile da quanto sostenuto da Pietro Rescigno riguardo al decreto Craxi.
[9] Ibidem.
[10] Ivi, p. 247.
[11] C. M. Martini, Anziani cronici, cit., pp. 44 ss.
[12] Legge n. 33/2023, art. 2, terzo comma.
[13] Legge n. 33/2023, art. 4, primo comma,
[14] Legge n. 33/2023, art. 4, secondo comma, lettera n.
[15] Legge n. 33/2023, art. 5, secondo comma.
[16] F. Cembrani, T. Vecchiato, D. De Leo, M. Trabucchi, Le politiche a favore degli anziani non autosufficienti. Molti gli annunci, troppi i rinvii e davvero riservate a pochissime persone le nuove tutele, in Corti Supreme e Salute, Pisa, 2023, p. 551
[17] Sul punto T. Andreani, L’assistenza continuativa e integrata alle persone anziane non autosufficienti, prime considerazioni di insieme intorno alla legge delega n. 33/2023, in Corti Supreme e Salute, Pisa, 2023, p. 237.
[18] Ivi, p. pp. 30-32.
[19] D. Lgs. 29/2024, art. 39
[20] D. Lgs. 29/2024, art. 39. A ciò si aggiunge una serie di misure relative al cd. invecchiamento attivo, tra le quali il turismo cd. lento, il dialogo intergenerazionale nelle scuole, la promozione della relazione con animali d’affezione e financo le attività sportive e motorie in genere per anziani e malati cronici non autosufficienti