Kursk: storia di un saliente

Kursk. Nomen omen nonché maledizione che viaggia sui cingoli dei carri armati. La catastrofe più grande dopo Stalingrado, dalla quale la Whermacht non si sarebbe mai più ripresa. Tre milioni di uomini concentrati in una delle più cruente battaglie della Storia, dove esseri umani e macchine, i nuovissimi Panzer VI Tiger I e i Panzer V Panther, si sono dati battaglia, senza pietà, senza tregua. Questa è stata Kursk, dove le (un tempo) vittoriose divisioni tedesche videro infrangersi definitivamente quel sogno che era stata la Blitzkrieg, in quel cruciale saliente, in quei giorni di luglio del 1943. Due anni dopo, cadde il Terzo Reich, e Kursk divenne, nell’immaginario collettivo, il simbolo della disfatta nazista. La Russia non sarebbe mai più stata invasa, almeno fino ad una nuova fatidica giornata destinata a cambiare (in parte) un’altra guerra mondiale su scala ridotta: il 6 agosto 2024.

Considerati sull’orlo di una nuova crisi militare, lo scorso agosto gli ucraini con coraggio hanno nuovamente reso famosa Kursk, capovolgendo il mito della Russia impossibile da conquistare. L’esercito di Zelensky, infatti, ha colto di sorpresa l’esercito russo, avanzando per numerosi chilometri e sfruttando al meglio gli equipaggiamenti e i mezzi forniti dagli alleati occidentali; una prova di forza che è valsa la liberazione dal giogo putiniano di una vasta porzione di territorio russo e che ha dimostrato al mondo intero che l’Ucraina è disposta a tutto pur di fermare l’aggressore e sedere al tavolo dell’Unione Europea. Ad oggi, nonostante subiscano numerosi contrattacchi dal nemico, gli ucraini tengono saldamente le posizioni conquistate, costringendo l’avversario a spostare uomini e mezzi su un fronte un tempo ritenuto secondario.

Come è ovvio, l’invasione dell’Oblast di Kursk ha immediatamente svegliato le coscienze comuni, riportando alla mente la famosa battaglia combattuta soltanto ottantuno anni fa. Ma questa volta la situazione è molto diversa, e l’offensiva ucraina ha un significato chiaro: la Russia può essere sconfitta. Nonostante Putin adoperi il proprio esercito con disinvoltura nel tritacarne che è diventata la sua “operazione speciale”, l’impeto dell’attacco ucraino, il numero di vittorie riportate e l’ingente quantità di prigionieri russi catturati hanno smontato un castello di menzogne, facendo sì che anche i più fedeli sostenitori del presidente aprissero gli occhi. L’onta è indicibile e l’idea che piedi ucraini abbiano calpestato il suolo russo diviene un motivo di vergogna talmente grande da costringere Putin a mandare disperatamente quanti più soldati possibile pur di arginare la cocente sconfitta – una sconfitta morale e psicologica da cui non c’è salvezza.

È vero, piovono confuse e contraddittorie notizie a proposito delle controffensive russe e degli innumerevoli assedi ai quali sono sottoposti gli ucraini lungo l’intero fronte. Eppure, a prescindere dai futuri sviluppi militari, l’azzardo ucraino ha anche raggiunto un ulteriore obiettivo, ossia avere una merce di scambio in vista del (mitologico) negoziato con la Russia. Putin non può certo cedere una porzione della madrepatria agli odiati vicini, e qualora si verificassero nuove sconfitte, la sua credibilità e popolarità colerebbero a picco. Cosa aspettarsi allora da questa battaglia che inaugura una nuova fase della guerra? Sebbene non sia possibile parlare di un rovesciamento dei fronti né, propriamente, di punto di svolta dell’implacabile guerra di logoramento che è diventato il conflitto in Ucraina, da un punto di vista politico la posizione russa inizia ad essere in bilico. Gli ucraini hanno svegliato i vertici delle Nazioni europee e della Nato, rinsaldando e rafforzando relazioni internazionali che sembravano destinate a morire. Il coraggio di Kiev e l’incredibile spendersi di Zelensky per il suo Paese fanno in modo che chiunque almeno una volta rivolga i propri pensieri verso una Nazione che sta sacrificando ogni parte di sé stessa pur di arrestare un’armata di aggressori che conduce una guerra indiscriminata, una guerra totale.

È vero che l’Ucraina ha sottratto preziose divisioni dal fronte del Donbass per invadere la Russia, ma la presenza dell’esercito nell’Oblast di Kursk rimane comunque una vittoria fondamentale, anche se non in termini strettamente militari. Due fronti sono molto difficili da gestire, soprattutto avendo a disposizione uomini e risorse limitate, ma l’elasticità dimostrata nello sfondamento delle linee russe e nella difesa accanita della linea Pokrovsk-Toretsk è simbolo di un ardimento senza eguali – che può molto in un conflitto come quello in corso. L’occupazione di Kursk si è rivelata dunque una spada di Damocle per entrambe le fazioni; anche se, sotto l’aspetto propagandistico, è la Russia ad esserne uscita più che sconfitta.

Bisogna attendere, nella speranza ad oggi lontana che Putin fermi la sua folle guerra, cercando di giungere ad un accordo con Kiev e con la Nato. E intanto una cosa è certa: Kursk è entrata nuovamente a far parte dei libri di Storia. Due armate si contrappongono nelle lande già sovietiche e ora russe in una guerra senza pietà, avendo come obiettivo la fine o la salvezza dell’Europa. Droni e missili hanno sostituito i Panzer e tra feroci scontri all’ultimo sangue, e la bandiera azzurra e gialla sventola fieramente e instancabilmente al vento, nell’attesa che arrivi il giorno in cui il Paese sarà libero dal giogo di Putin.